Scrivere per i Marchesi mi fa sentire come un poeta di corte rinascimentale. Aggiungiamo il piacere di avere a che fare con persone squisite (noblesse oblige, ça va sans dire). La proverbiale ciliegina sulla torta? Luigi Veronelli che fa la prefazione al mio libro sul Tignanello.
Ma andiamo per ordine.
Chi mi ha insegnato la curiosità di vedere il vino dalla parte delle radici è stato il Marchesi Antinori. Per lui ho scritto i libri sul Tignanello e sul Villa Antinori e un galateo del gusto in collaborazione con Alessi.
Grazie a lui ho imparato a guardare il passato attraverso il vetro di una bottiglia.
Mi ha spiegato l’importanza dei ciottoli di pietra alberese disposti uno ad uno sotto i filari per impedire la crescita di erbe infestanti evitando quindi gli erbicidi e per riflettere la luce e il calore del sole sul grappolo, ottenendo un maggior irraggiamento e riscaldamento dell’uva, che dà origine a un anticipato inizio del germogliamento e a una maggior lunghezza del ciclo vegetativo.
Un lavoro infinito: significa prendere le pietre, romperle in ciottolini, e poi disporli al piede di ogni vite, a fare da contorno al ceppo. E rimetterle a posto dopo che la pioggia le ha portate via. Un lavoro infinito, una cura pari a quella delle botteghe d’arte toscane del Rinascimento.
È così che il vino diventa un capolavoro della natura, del territorio e dell’uomo. E che bello raccontare queste meraviglie.
Attività:
- Raccolta documentazione storica
- Interviste
- Scrittura testi del libro